Omicidio Sandri: il libro. Intervista a Maurizio Martucci Stampa
Venerdì 29 Maggio 2009 14:07

 

 

 

Maurizio Martucci, giornalista, insieme a Cristiano, fratello di Gabriele, sta girando l’Italia trovando ovunque “la stessa sete di verità”. L’autore di “11 Novembre 2007” (Sovera edizioni) non conosceva Gabbo né era all’interno delle dinamiche del tifo organizzato. Il racconto che sviscera in queste pagine è la ricostruzione di una storia di cronaca nera. Resoconto della vita spezzata di un giovane e dell’assurdo depistaggio mediatico: per confondere la verità.

 

La dinamica che viene descritta nel libro lascia senza parole, sembra quasi la sceneggiatura di un film, un thriller ad alta tensione. Si sta parlando invece della realtà…
E’ vero, se si potesse la si potrebbe definire una sequenza tragicomica. In ventiquattro ore si sono verificate una serie di reazioni a catena, che veramente avrebbero potuto far pensare a un film: dalla comunicazione sbagliata alle reazioni violente della sera, con gli assalti alle caserme. Anche per questo il titolo che all’inizio avevo pensato era “il giorno più buio della Repubblica” perché malgrado ci siano state nella nostra storia pagine nera, tutto quello che ha scatenato gli eventi fanno inserire questa vicenda in un unicum, con una sua tipicità: qui non ci sono stati motivi ideologici, steccati e posizioni contrastanti. Qui tutto quello che è accaduto è un non senso. E in più, si è alimentata una situazione caotica allo scopo di non far capire e per confondere.

Nelle pagine si parla chiaramente e senza mezzi termini di depistaggio mediatico. Chi ha depistato e perché?
Il primo lancio di agenzia, delle 11.49, esattamente 2 ore e 31 minuti dall’omicidio di Gabriele Sandri, riporta “tafferugli tra tifosi, un morto”. E’ una notizia che così com’è data sposta l’attenzione verso un fenomeno, quello del tifo violento, che in questo caso non c’entra nulla. Il corrispondente locale dell’Ansa, che ha avuto tutto il tempo di informarsi con precisione di quello che è successo, non si sa per quale motivo dà una simile informazione. CG, queste le iniziali del corrispondente, o è stato molto superficiale o da qualcuno ritenuto “attendibile”, come fonte, deve aver avuto la notizia giudicandola “vera”.

Nei confronti di Luigi Spaccarotella, l’agente di polizia che quell’11 novembre estrasse la pistola e sparò verso la macchina dove era seduto Gabriele Sandri, colpendolo al collo e uccidendolo, è in corso ad Arezzo davanti la Corte d’Assise il processo per omicidio volontario. Ascoltandolo e vedendolo in aula che impressione personale ne ha avuto Maurizio Martucci?
Che con quella divisa addosso abbia indossato i panni del giustiziere, e sia diventato vittima lui stesso di questa sindrome del vendicatore, per cui estrarre la pistola e puntarla verso un obiettivo diventa la cosa giusta da fare.

Come nei film americani dove impugnare l’arma e sparare fa parte della violenza appropriata che i buoni esercitano?

Si, e torniamo di nuovo alla sceneggiatura di certi film, solo che a rimetterci la vita in questo caso è stata una persona, un ragazzo si ventisei anni, e non il personaggio di una finzione.

Durante i vari appuntamenti in giro per l’Italia in occasione delle presentazioni del libro incontrate “sete di verità”…

Moltissima. Ad ogni incontro, ad ogni tappa c’è tanta gente che la pretende questa verità ed è il motivo per cui intorno al libro continua ad esserci tanto entusiasmo come se fosse uscito ieri.

Ad Arezzo si stabilirà la verità?
Bisogna scindere tra verità e giustizia. Ad Arezzo speriamo che trionfi la giustizia.

Maurizio Martucci
(Roma, 1973) laureato in storia contemporanea presso la facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata, studioso delle scienze e delle tecnologie della comunicazione presso l’università degli studi di Roma La Sapienza. Giornalista, scrittore, nonché autore di saggi di storia contemporanea. Si occupa di marketing, pubblicità e comunicazione.

Ultimo aggiornamento ( Venerdì 29 Maggio 2009 14:13 )