ALCUNI MEDIA PREPARANO UN CLIMA D'ODIO PER FAVORIRE SPACCAROTELLA? Stampa
Mercoledì 24 Settembre 2008 13:08

 

 

di Tommaso Della Longa

Il libro sull'omicidio di Gabriele Sandri serve, per dirlo con le parole dell'autore Maurizio Martucci, a “ricollocare al posto giusto l'informazione che dopo quell'11 novembre è stata carente, deficitaria e con grandi omissioni”. Se fosse stata necessaria una verifica, i quotidiani toscani di ieri hanno confermato in pieno la teoria. “Sandri, tribunale in stato d'assedio”. “Previste misure per evitare il pericolo degli ultras e per reggere l'assedio mediatico che potrebbe riguardare ancora la storia”. Bastano questi titoli per capire il tono degli articoli. Parole pericolose, che forse però vengono usate con maestria per creare l'atmosfera, gettare benzina sul fuoco, quasi che ci fosse bisogno di un po' di violenza e tensione per giustificare l'interesse per il processo che vede come imputato per omicidio volontario l'agente della polizia stradale Luigi Spaccarotella. E ancora, parole sbagliate che rimandano alla solita equazione che accosta la morte del giovane dj romano alla lista di quelli che sono stati uccisi nel mondo del calcio. Evidentemente bisogna proprio ribadirlo: la morte di Gabriele non c'entra nulla con gli stadi e la violenza nelle curve. “Siamo tutti Gabriele Sandri” recita la spilletta presentata con il libro dalla famiglia di Gabbo. Su quell'autostrada, in quella maledetta domenica, ci poteva essere ognuno di noi. Anche quei giornalisti che ora puntano il dito e urlano “all'assedio” e al “clima di guerriglia” in vista del processo ad Arezzo. Forse però c'è un interesse a pilotare l'opinione pubblica. A infondere il terrore nel normale cittadino aretino che giovedì si aspetterà il finimondo. A raccontare bugie su un caso di omicidio volontario. A far dimenticare che l'imputato per omicidio volontario è un poliziotto. E magari anche a distorcere la realtà come quando, il quotidiano di via Solferino, qualche giorno fa ha scritto che “Gabriele era morto durante una sparatoria in autogrill”. Evidentemente in Italia si può attaccare tutto e tutti, ma non l'operato delle forze dell'ordine. Sarebbe stato molto più semplice, quell'11 novembre del 2007, prendersi le proprie responsabilità davanti a un caso di omicidio che nel giro di un'ora già era risolto. Le Istituzioni hanno fatto tutto il contrario. Peccato che anche i mass media non si siano comportati meglio. E non stupiamoci se nelle strade, nelle curve e nelle piazze cresce l'ostilità contro forze dell'ordine e giornalisti. Un'informazione corretta avrebbe dovuto raccontare i fatti, il processo, la storia di un ragazzo ucciso senza un motivo in mezzo all'autostrada. Forse però sono meglio le curve infuocate e pericolose: fanno vendere di più e fanno dimenticare i soprusi e le zone d'ombra dei servitori dello stato.


Rinascita – 24 settembre 2008

Ultimo aggiornamento ( Giovedì 25 Settembre 2008 14:14 )