La giustizia può attendere? Stampa
Venerdì 26 Settembre 2008 09:45

Omicidio Sandri – Rinviato il processo a Spaccarotella

per un vizio procedurale.

Se ne riparlerà fra un paio di mesi


di Tommaso Della Longa


Arezzo - E’ bastato un vizio procedurale per annullare tutto quanto. L’udienza preliminare del processo contro Luigi Spaccarotella, l’agente di polizia che ha sparato e ucciso dieci mesi fa il giovane dj romano Gabriele Sandri, è stata annullata e rinviata. La famiglia Sandri, gli amici di Gabriele e l’Italia intera dovranno così aspettare ancora per veder iniziare quel percorso di giustizia tanto aspettato. Il giudice dell’udienza preliminare ha accolto l’eccezione avanzata da uno dei legali di Spaccarotella, l’avvocato Giampiero Renzo, a cui non sarebbe stato trasmetto l’atto di chiusura dell’indagine preliminare. Secondo l’avvocato l’avviso sarebbe stato mandato a un fax sbagliato, ma il Gup ha fatto anche sapere che trasmetterà tutti i dati al Consiglio nazionale forense per chiarire questa situazione: parrebbe infatti che proprio Renzo avesse fornito all’inizio due numeri di fax. Così il processo tanto atteso da quella domenica dove fu ucciso Gabriele Sandri subirà un altro stop. “Non ci aspettavamo il rinvio – ha spiegato il legale della famiglia di Gabbo, Michele Monaco – comunque il Gup ha fatto bene ad accogliere l’eccezione, altrimenti rischiavamo di veder travolgere il processo e la Cassazione avrebbe potuto annullarlo”. Certo è che i tempi della giustizia italiana non aiutano: per rimandare l’avviso all’avvocato Renzo ci vorranno praticamente due mesi. Ciò vuol dire che la nuova udienza preliminare si terrà prima di Natale.
Prima dell’annullamento, gli avvocati dell’agente di polizia avevano spiegato di voler chiedere il rito abbreviato condizionato a una perizia di parte che avesse verificato la posizione dei testimoni. Una posizione già annunciata negli ultimi giorni. Evidentemente il legale di Spaccarotella, anche se non ha visto il fax, sapeva bene che oggi ci sarebbe stato un processo. Intanto la famiglia Sandri, con l’usuale forza e compostezza, ha accettato la decisione del gup. “Non cambia nulla – ha detto il fratello di Gabriele uscendo dal tribunale - stringeremo i denti fino alla prossima volta e fino all’ultimo grado di giudizio. Gli atti sono limpidi e noi attendiamo fiduciosi. Ci aspettiamo una giustizia giusta, dovuta a Gabriele, anche se nessuna sentenza ce lo riporterà mai indietro”. Resta da chiedersi come sia possibile che ci vogliano sessanta giorni per mandare un nuovo fax. O anche, a chi giovi un’ennesima perdita di tempo. Forse qualcuno spera che questa storia venga dimenticata. Ma non hanno fatto i conti con la famiglia Sandri in primis. E subito dopo con gli amici di Gabriele, i tifosi e le migliaia di persone che in tutta Italia chiedono a gran voce giustizia. Arrivando ieri mattina ad Arezzo erano già visibili sui cavalcavia alcuni striscioni dei tifosi aretini per Gabriele. Davanti al tribunale della città toscana gli amici di Gabbo e della famiglia Sandri hanno aperto due striscioni che recitavano: “Giustizia per Gabriele” e “E’ ora che sia fatta giustizia per Gabriele”. Ovviamente l’atmosfera non è stata quella inventata fantasiosamente da alcuni giornali toscani: nessun assedio degli ultras è andato in scena ad Arezzo. I tifosi e gli amici di Gabriele arrivati da Roma sono rimasti in silenzio e hanno aspettato le decisioni che venivano prese all’interno dell’aula. Magari invece a qualcuno avrebbe fatto comodo un po’ di tensione e violenza. Ma il clima creato ad arte è stato decisamente smontato da chi voleva solo testimoniare la propria vicinanza alla famiglia Sandri, ribadendo che nessuno dimenticherà mai Gabriele. Anche a Badia al Pino, l’area di servizio dove è stato colpito il giovane dj romano, qualcuno ha cercato di cancellare questa storia, facendo sparire i biglietti, le sciarpe, i fiori, le scritte che migliaia di persone hanno lasciato in ricordo di Gabbo. Da ieri mattina, sciarpe della Lazio e della Roma, fiori e adesivi son tornati. Ma tanto non basta toglierli o raccontare qualche menzogna per dimenticare Gabbo: da quell’11 novembre 2007 sono tanti quegli italiani che possono dire “siamo tutti Gabriele Sandri”.



La tesi difensiva di Spaccarotella parla di un colpo sparato in aria e di un altro partito per sbaglio mentre l’agente correva. E anche di una deviazione. Il poliziotto che oggi qualcuno vuole dipingere come una vittima “minacciata che ha paura a uscir di casa”, però ha su di sé la responsabilità immensa di aver sparato uccidendo un ragazzo senza un motivo. Forse però solo fermandosi a Badia al Pino, direzione Roma, si può veramente capire la gravità del gesto. Da dove Spaccarotella ha sparato si vedono le macchine della carreggiata opposta solo dal finestrino in su. Nessuna intenzione di mirare alle ruote quindi. E poi la pazzia di sparare con in mezzo sei corsie di un’autostrada. Altro che deviazione della rete metallica. Le testimonianze concordano sul fatto che il poliziotto ha mirato e esploso il colpo a braccia tese, parallele, all’altezza della macchina. Se l’avesse fatto un normale cittadino, sarebbe finito in carcere in poche ore. L’agente Spaccarotella, invece, è libero, porta un distintivo e una pistola. E questa sarebbe la giustizia uguale per tutti?



Rinascita – 26 settembre 2008

Ultimo aggiornamento ( Venerdì 26 Settembre 2008 09:55 )