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Scritto da Claudio   
Venerdì 19 Settembre 2008 14:40

 

 

E' finalmente uscito nelle migliori librerie d’Italia il LIBRO VERITA’ dal titolo 11 Novembre 2007, l’uccisione di Gabriele Sandri, una giornata buia della Repubblica.

 

"L’11 Novembre 2007 l’Italia vive una delle pagine più nere della sua recente storia. Poco dopo le 9 del mattino, lungo l’Autostrada del Sole, il ventiseienne romano Gabriele Sandri viene ucciso da un colpo d’arma da fuoco esploso da Luigi Spaccarotella, agente della Polizia Stradale. Il reato è omicidio. Dopo un paio d’ore, si diffonde la notizia della morte di un tifoso di calcio in seguito a scontri tra ultras di opposte fazioni. Seguono rettifiche: si parla anche di colpi di pistola sparati in aria da un poliziotto. In poco tempo si genera il caos. I mass media si scatenano per coprire mediaticamente l’evento ed è un susseguirsi di dirette TV, dibattiti, edizioni speciali di TG e tavole rotonde. Il mondo del calcio va nel pallone insieme a quello della politica e delle istituzioni. Partite sospese, rinviate. È ben presto emergenza sociale. Ovunque scoppiano focolai di rivolta: scontri, violenze d’ogni genere, arresti, feriti, assalti alle caserme terminati solo nella notte. Per una giornata intera, l’Italia è una polveriera. Un giovane è stato ucciso, ma i media non chiariscono né come, né per mano di chi.
In appendice, intervista esclusiva a Cristiano Sandri, fratello della vittima.


 

Il libro è stato scritto dal giornalista e scrittore Maurizio Martucci (160 pagine + 16 pagine a colori con foto e documenti inediti, Sovera Editore, € 11,00) ed è reperibile, oltre che nelle librerie, anche sul sito www.ibs.it - http://www.soveraedizioni.it/HTML/scheda.asp?IDProdotto=521
E’ importante sottolineare che il testo è stato autorizzato dalla famiglia Sandri, patrocinato dal Comune di Roma e che parte del ricavato contribuirà fattivamente alle attività della Fondazione Gabriele Sandri (lo scopo del libro non è commerciale, bensì di GIUSTIZIA, VERITA’ e raccolta fondi per far crescere la fondazione che porta il nome di Gabbo).


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Di seguito vi riportiamo la prefazione del libro.

 

 

 

 Non so dimenticare!


Non riesco a farlo e non so neanche quando e se potrò mai riuscirci.
Non posso scordare un’immagine fissa che ho impressa
nella mente da quel funesto Martedì 13 Novembre 2007. Ero ai
piedi del Campidoglio, in fila con tantissime altre persone, silenziosamente
in attesa del mio turno per varcare la soglia della camera
ardente e rendere omaggio, a capo chino, al giovane Gabriele
Sandri. Davanti a me... un padre prostrato, accasciato sopra la bara
del figlio. La sua mano ripetutamente su e giù ad accarezzargli il
volto, per l’ultima volta. Occhi distrutti dal dolore, sguardo perso
nel vuoto ma rivolto verso uomini e donne intorno al feretro del
povero Gabbo. Commozione. Cordoglio. Tanto pianto. Pareva
come se con la sua mimica cercasse qualcosa o qualcuno, in una
disperata ricerca d’aiuto. Nell’espressione svuotata di Giorgio
Sandri ho visto una disperazione lacerante. In quelle lacrime che
cadevano senza sosta c’erano le domande di un genitore costretto
a vivere un lutto contro natura. La morte del figlio. Non è giusto.
È insensato. Già. Perché quel torto squarciante? Perché l’uccisione
di Gabriele? Perché tutte quelle astruse versioni, diffuse senza
scrupolo dai mass media? E poi, perché tutte quelle persone alla
camera ardente? Chi erano? Cosa facevano? Perché la proclamazione
del lutto cittadino? Perché l’indomani in migliaia ai funerali,
con un’insofferente turbamento proveniente da tutta Italia?
Semplicemente e solo.... perché? Nella maschera di Giorgio
Sandri, ho letto questo. Una sola domanda: perché? Quegli occhi
lucidi di sofferenza che non potrò mai dimenticare, sembravano
alla ricerca di risposte. Troppe. Le attendeva ieri, come sicuramente
continua a pretenderle ancora oggi. Risposte che non so neanche
chi potrà mai dargliele. Risposte che probabilmente non riuscirà a
fornirgli neanche la sentenza più giusta che il tribunale più giusto
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del mondo potrà mai pronunciare. Credo che le risposte ai “perché”
di Giorgio Sandri non sono ricomprese tra gli articoli del
Codice Penale. Sono convinto che le risposte più introspettive,
soprattutto quelle legate anche ai risvolti esterni al fatto delittuoso,
non saranno citate nella sentenza che la magistratura comminerà.
Perché sono risposte ad esclusivo appannaggio della moderna
società, apparentemente garantista e libertaria. Sono risposte
nascoste tra le maglie strutturali della nostra civiltà contemporanea.
Sono risposte che vivono tutti i giorni con noi e si annidano
dietro gli angoli delle strade delle nostre città occidentali. Sono
risposte di un’epoca conformistica e fagocitatrice che se ne frega
anche del più intimo dolore. Sono risposte di un mondo scaltro,
pronto a rendere pubblico ogni più profondo struggimento, mettendolo
in piazza secondo la teoria dell’usa e getta. Sono risposte
implosive, che riportano la mente alla logica della ragnatela.
Proprio lì dove, tra le sue maglie, il ragno segue l’istinto tessendo
la tela, in attesa che il primo insetto di turno resti incagliato, accerchiato,
per poi essere stritolato, senza potersi più liberare.
Succhiato della linfa, il corpo della preda rimane sospeso, inviluppato
nella ragnatela, per poi essere abbandonato. In natura succede
proprio così. In uno Stato di diritto non dovrebbe accadere, mai.
Partendo da queste riflessioni, volte a gettare lo sguardo (ed il
cuore) oltre l’ostacolo, ho avvertito l’esigenza di ricostruire minuziosamente
ogni minuto di quella maledetta Domenica 11 Novembre
2007. Anzitutto per rendere omaggio al sacrificio immotivato di un
giovane di 26 anni. E poi anche per restituire alla società un servizio
di studio, analisi e comprensione della fenomenologia degenerativa
della comunicazione di massa che è andata a legarsi intorno al giorno
di dolore della famiglia Sandri. Questo scritto nasce con il proposito
di realizzare una ricostruzione storica lucida e veritiera dei fatti,
scevra da qualsiasi censura o condizionamento di parte, avanzando
approcci sociologici per uno studio razionale e scientifico sulle dinamiche
di comunicazione, per la decodifica dei sofisticati meccanismi
massmediali andati in scena al cospetto dell’opinione pubblica. Sì,
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perché in quell’infernale domenica all’italiana dell’11 Novembre
2007, si sono alternati errori su errori in un’impressionante serie a
catena che non ha precedenti né eguali: un poliziotto spara ingiustamente
contro una macchina in movimento sull’Autostrada del Sole
ed uccide un ragazzo. Il circuito nazionale della comunicazione di
massa interpreta e distorce il fatto. In poco tempo… sulla notizia si
creano buchi neri, depistaggi, conclusioni affrettate, pressappochismo
e cattiva gestione dell’informazione. E poi il rompicapo di Tv,
radio, web, carta stampata. Come in una trasposizione surreale, la
realtà viene trasferita su un piano strumentale. Non è più vero ciò
che è reale, ma è vero solo quello che viene comunicato. Il mondo
politico e quello dello sport sono alla corda. Presi alla sprovvista,
nessuno – per la sua quota parte – riesce a gestire con efficacia ed
efficienza un’emergenza sociale che ben presto muta in una vera e
propria crisi d’ordine pubblico dalle proporzioni imprevedibili. Il
corto circuito delle fasce giovanili che ruotano intorno alle curve. I
violentissimi scontri e gli assalti ai simboli dello Stato in pieno stile
rivoluzionario. Dulcis in fundo, il silenzio del medesimo sistema
mediatico di massa che tanto rumore aveva fatto in sole 24 ore l’11
Novembre 2007 e che poi invece – per la stessa logica della ragnatela
che succhia la linfa della preda per poi abbandonarla – si è chiuso
silente senza pronunciarsi sugli sviluppi di un processo che (almeno
mentre scriviamo) deve ancora consegnare alla giustizia il protagonista
di un folle delitto.
Troppi errori.
Troppe responsabilità disattese.
Troppi perché senza risposta.
Un’ultima premessa: non conoscevo Gabriele e non conosco
nemmeno la famiglia Sandri. Ma questo lavoro vuole essere il mio
piccolissimo contributo per tramutare la disperazione e lo strazio
di una madre, di un padre e di un fratello in una semplice speranza.
La speranza è che in un domani non troppo lontano, l’uso pubblico
della storia non annoveri il nome del loro caro Gabriele tra le

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vittime sacrificali di un sistema ingiusto, ma che possa donare a
Gabbo la pace eterna con la stessa signorilità, con la stessa dignità
e con la stessa umanità che i suoi familiari hanno mostrato al
mondo intero in quei momenti dolorosissimi che nessuno si augura
di dover rivivere sulla propria pelle. Sono sicuro che avverrà.
Sono convinto che sarà così. Perché c’è sempre l’alba dopo il
tramonto, anche nell’oscurità più buia.


Voglio ringraziare le persone che ho avuto vicino nei mesi in
cui ho lavorato notte e giorno al caso. Grazie e un bacio a mio
papà Luigi e mia mamma Adriana. Grazie a Ugo Cassone
(Comune di Roma), a Sandrino (Amico dalla scuola, ottimo giornalista),
al Grande Marcello (bicipite solidale), al Sommo Vittorio
(lex romana) e al mio Cuore Monica (ci sei sempre). Grazie a tutti
quelli che, anche con un piccolo gesto, mi hanno rinnovato la forza
per scrivere. Ma soprattutto grazie all’Entità Metafisica che ho
sentito pulsare nel mio cuore nelle giornate in cui ho ricostruito i
drammatici momenti di una bella e giovane vita spezzata per sempre.
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Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 24 Settembre 2008 08:22 )