IN CENTINAIA PER CHIEDERE GIUSTIZIA PER GABRIELE SANDRI Stampa
Lunedì 25 Maggio 2009 11:16

Lecce Prima

 

 

 
Il “caso Sandri” è stato fin dalle prime battute scomodo e difficile, pur, per paradosso, sostanzialmente semplice nella sua tragica dinamica, sebbene sussistano ancora diversi aspetti da chiarire. Quasi una questione privata, imbarazzante per parte delle istituzioni, e che ha acuito l’insofferenza cronica tra forze dell’ordine e tifoserie. Ed è uno degli aspetti principali di tutto: catalogata frettolosamente come una vicenda da tifosi, in breve tempo i più hanno dimenticato il punto nodale di tutto. Un agente di polizia, per motivi ancora poco chiari, estrae la pistola d’ordinanza dalla fondina e spara. Ad altezza d’uomo, dicono diversi testimoni, da una parte all’altra dell’autostrada A1, a circa 70 metri dall’obiettivo, nell’area di servizio Badia al Pino. Un ragazzo di Roma, Gabriele Sandri, 26enne, seduto in un’auto diretta a Milano, in un secondo smette di respirare. E per quante versioni possano venire fuori (l’agente, Luigi Spaccarotella, impugnava l’arma con entrambe le mani e mirava; l’agente sparava in aria; il dito sul grilletto è scattato volontariamente; il colpo è partito in modo accidentale ed è stato deviato; eccetera, eccetera), le domande da porsi sono piuttosto semplici: era necessaria già la sola operazione di afferrare la pistola? Ovvero, fin dove è lecito spingersi in un’azione? Vi erano i presupposti di base perché questo avvenisse?

E’ qui il problema di tutto. Che porta ad una considerazione altrettanto semplice, e che pure ci si dimentica spesso, proprio per quella piega che ha assunto il caso: il processo riguarda un singolo uomo che indossa una divisa ed il suo modo di agire che si potrebbe definire insensato, almeno fino a quando qualcuno non verrà a spiegare in maniera limpida e innegabile che era veramente necessario estrarre l’arma. Un singolo uomo, attenzione, non tutta la polizia. E invece, sul piano mediatico, la questione si è spostata fin dalle prime battute sull’asse tifosi-forze dell’ordine. Un aspetto che non fa bene né ai tifosi, né alle stesse forze dell’ordine. Perché così la frattura si amplia e nascono pericolose distorsioni che rischiano di inquinare il processo stesso. E’ una delle tante questioni emerse nel corso del dibattito che Cristiano Sandri, avvocato, fratello di Gabriele, e Maurizio Martucci, giornalista e scrittore, hanno portato ieri a Lecce.

Presso le Officine Cantelmo, la ventesima e, per il momento, ultima tappa di un percorso teso a raccontare un’altra verità, sui fatti, partendo proprio dal libro di Martucci: “11 novembre 2007 – L’uccisione di Gabriele Sandri, una giornata buia della Repubblica”. Il ricavato delle vendite andrà tutto a favore dellla "Fondazione Gabriele Sandri". Presenti all’appuntamento, centinaia di persone, nonostante il caldo torrido. Rappresentanze di ultras del Lecce e del Gallipoli, ma anche tanti tifosi che non siedono nelle curve, ma che comunque seguono le sorti delle proprie squadre di calcio. E già da questo si evince come solo i cittadini-tifosi siano ancora interessati alla vicenda (e parliamo di avvocati, studenti, impiegati, commerciati, politici, padri di famiglia, e via dicendo, perché forse qualche volta è bene anche ricordare che i tifosi non sono altro che uno spaccato della società civile, e non un’etichetta da appiccicare ad arte) e non tutti i cittadini, indistintamente, compresi quelli che la domenica preferiscono la scampagnata al mare invece dei gradoni di uno stadio. Perché?

La risposta, indirettamente, la fornisce Martucci quando introduce la questione. Al suo fianco, oltre a Cristiano Sandri, Gabriele De Giorgi, redattore di Salentoweb.tv, in qualità di moderatore, e l’assessore allo Sport del Comune di Lecce, Massimo Alfarano, già ultrà del Lecce della prima ora. Tra il pubblico, in prima fila, anche il consigliere regionale del Pdl Erio Congedo, a sua volta grande sostenitore dei giallorossi. “Io credo che prima che il tribunale faccia giustizia, ci sia bisogno fondamentalmente di verità”, dice Martucci. “Per questo stiamo cercando di diffondere il messaggio di verità esposto nel libro. Non un libro fazioso, che cerca di dipingere le cose in modo diverso rispetto a come sono andate, ma pensato per correggere una comunicazione deficitaria, carente e omissiva, che ha sottaciuto uno degli aspetti fondamentali legati all’omicidio di Gabriele. Bisogna tornare a quel giorno, per capire la drammaticità di quell’omicidio – spiega l’autore del libro -: domenica 11 novembre 2007, un ragazzo di 26 anni, a bordo di un’auto insieme ad alcuni amici, viene colpito da una pallottola esplosa da un poliziotto, colui che avrebbe dovuto difenderlo e che invece, in modo assolutamente contrario rispetto a quanto stabilito dal codice penale sulle regole d’ingaggio, gli toglie la vita sparandogli a circa 70 metri di distanza, fra sei corsie autostradali, due carreggiate (Gabriele si trovava nella corsia che andava verso Nord, Ndr), correndo il rischio di colpire con quella pallottola chiunque potesse passare quella domenica mattina su quel tratto di autostrada: un bambino, una famiglia, un’auto in transito”.

“Trascorse circa due ore e mezzo dall’omicidio di Gabriele – prosegue Martucci -, il primo lancio di agenzia che viene mandato dice che un tifoso di una squadra di calcio è stato ucciso da un altro tifoso con un colpo di pistola. Di fatto, nell’immaginario collettivo l’omicidio di Gabriele viene immediatamente contestualizzato nella categoria che definisco ‘Paparelli’, cioè quella che parte dal 1979, passando da Filippini e Spagnolo, tutti quei tifosi che hanno perso la vita negli scontri tra opposte fazioni. Il secondo lancio di agenzia, invece, cambia un poco il tiro. Si comincia a parlare per la prima volta di un morto in seguito a dei colpi sparati in aria da un esponente delle forze dell’ordine. Quest’altra notizia sposta la vicenda di Gabriele su quello che definisco il filone ‘Raciti’, quindi lo scontro tra ultras e forze dell’ordine. Ebbene: né la prima, né la seconda versione erano veritiere, ma nell’immediatezza una versione mediatica andò a sostituire un fatto reale. Perché Gabriele venne ucciso l’11 novembre del 2007, alle ore 9,18, per un colpo sparato in modo scriteriato da un agente della polizia di Stato che non sapeva minimamente chi fossero gli occupanti dell’auto, a circa 70 metri di distanza”.

“L’agente – sostiene Martucci - non sapeva che Gabriele era in viaggio per seguire la sua squadra del cuore in trasferta. Lui ed i suoi amici non avevano sciarpe e bandiere, elementi riconducibili al mondo delle tifoserie. Questo ha generato un cortocircuito mediatico e a livello di opinione pubblica, perché si cominciò a parlare di violenza nel mondo del calcio, ma l’episodio specifico che ha condotto alla morte di Gabriele, di fatto è stato sviato. Ora, la famiglia Sandri attende da un anno e mezzo giustizia e chi si è macchiato di questo omicidio per molto tempo non ha subito provvedimenti disciplinari. Ecco perché un bisogno di verità, senza creare fazioni contrapposte”. Il fratello di Gabriele Sandri, ringraziando Lecce ed il Salento per l’accoglienza, e portando i saluti dei suoi genitori al pubblico presente, ha spiegato che “questo è un percorso fondamentale perché emerga quello che è successo. In seguito a quelle agenzie appena citate, si è fatta passare la morte di mio fratello come una questione legata a scontri e violenze da stadio. L’opinione pubblica ha ricevuto un’informazione che ha trasformato la vittima in un carnefice. E noi ci batteremo fino alla fine perché emerga la verità”. Sandri, che ha rimarcato la grande civiltà dei testimoni che hanno deciso di raccontare al processo di aver visto l'agente tenere l'arma a mani tese, si è soffermato anche sulla questione della deviazione che avrebbe subito la pallottola, toccando la grata in ferro che divide le carreggiate. “Quella è un’ancora di salvataggio che si è voluta lanciare in extremis a chi si è macchiato di un omicidio tanto grave, a chi, comunque, non ha alcuna giustificazione per aver estratto un’arma da fuoco in un contesto in cui questo non doveva avvenire. Perché viene fatto passare quasi come normalità che questo signore abbia esploso colpi in aria, quando non doveva proprio estrarre l’arma dalla fondina. Ci ha raccontato fino ad oggi che il colpo è partito per sbaglio e davanti alla corte, quando era il momento di dire la sua verità, non si è sottoposto all’esame del pubblico ministero”.

Ha poi preso parola l’assessore Alfarano, che, portando i saluti dell’amministrazione comunale, ha spiegato come non sia semplice “rappresentare le istituzioni in casi come questi, quando magari si è costretti ad assumere le distanze per questioni di opportunità: io ho sempre detto quello che penso, e trovo assurdo che si condannino delle persone sulla base di semplici fotogrammi (il riferimento è a recenti casi giudiziari a Lecce, Ndr), per poi nutrire dubbi su una questione così lampante, dove un agente ha sparato ad altezza d’uomo, deliberatamente. E quando sono morti alcuni ultras, contro questo mondo si sono scagliate molte trasmissioni televisive, mentre oggi, su questo caso, si registra il silenzio”. Molto accorato anche un altro intervento, quello dell’avvocato Giuseppe Milli, che spesso difende proprio i tifosi nel corso di processi penali scaturiti in seguito ad episodi di curva: “In casi come questi si combatte contro un mostro con 100 teste che è lo Stato e c’è il rischio che il caso venga insabbiato. Basti pensare che se avesse sparato qualcuno di voi – ha detto indicando la platea – sareste ancora in carcere e avrebbero gettato via la chiave, mentre Spaccarotella non s’è fatto neanche un giorno in cella”. Anche il consigliere regionale Congedo, in un suo intervento, s’è soffermato sulla distorsione mediatica generata dai primi lanci di agenzia, evidenziando la necessità di fare chiarezza. Resta ancora in piedi il problema, quello di condurre l’opinione pubblica sulla più lucida e corretta interpretazione di un fatto che tocca le questioni da stadio solo marginalmente, problema che improvvisamente, invece, sembra essere diventato il fulcro di tutto.
  Emilio Faivre
Ultimo aggiornamento ( Lunedì 25 Maggio 2009 11:49 )