IL POPOLO DI GABRIELE AVRA’ LA SUA TARGA A BADIA AL PINO EST Stampa
Scritto da Claudio   
Mercoledì 24 Novembre 2010 15:49

 

 

Basta dire 11 Novembre 2007 per capire subito. Una data scolpita nella mente di milioni di persone. Una giornata che non potrà mai essere come le altre. Perché quella domenica successe qualcosa di straordinario, nel senso che in sole 24 ore si scavalcò ogni più elementare principio di convivenza democratica, libera e trasparente. L’Italia precipitò in un abisso senza via d’uscita, mostrando al mondo intero fallibilità e vulnerabilità di uno Stato impacciato, vittima delle sue stesse complicità interne, omissioni e depistaggi che per un giorno intero misero a repentaglio la sicurezza nazionale di un sistema fragile e goffo.

Tutto iniziò con un gesto folle, per colpa di un atto allucinante compiuto deliberatamente alle ore 9:18 del mattino sull’Autostrada del Sole, cuore appenninico d’Italia, Stazione di servizio Badia Al Pino Est, poco prima del casello di Arezzo, alla luce del sole. Luigi Spaccarotella, agente scelto della Polstrada di Battifolle, come un cecchino si apposta sul lato più estremo della stazione di Badia Al Pino Ovest, dall’altra parte della carreggiata. Pistola d’ordinanza sfoderata dalla fondina e già fumante per un colpo precedentemente esploso in aria. Stavolta però Spaccarotella impugna l’arma con entrambe le mani, braccia parallele all’asfalto, “sembrava stesse al poligono di tiro” riferirà un testimone oculare nell’interrogatorio. Spaccarotella attende al varco il transito di un auto con a bordo cinque ragazzi, che non sa neppure essere tifosi laziali diretti a Milano per Inter-Lazio. L’aspetta nel punto simmetricamente più vicino, parallelo in linea d’aria, quando non c’è nessuna rissa da fermare né nulla da dirimere o contenere. Avrebbe potuto prendere carta e penna, annotare il numero di targa, avvertendo via radio i casellanti sulle vie d’uscita. Ma invece l’aspetta al varco per “reagire, dimostrando che il suo non era un bluff, che faceva sul serio – scriverà il giudice di primo grado – e che l’arma era anche in grado e capace di usarla”. Come per rivincita, come nei film ambientati nel far west, come per un’istintiva rivalsa in risposta allo smacco sferrato dagli occupanti di quella macchina che non si era fermata all’intimazione dell’alt, Spaccarotella spara, gli spara addosso un proiettile camiciato, rivestito di una potenza maggiore rispetto ad una pallottola normale. Quel colpo di pistola attraversa tutta l’autostrada, invadendo sei corsie di entrambi i sensi di marcia, schivando auto in transito, sfondando con un forellino il finestrino dell’abitacolo in movimento, uccidendo a brucia pelo un povero ragazzo senza colpa. Inerme, Gabriele Sandri, 26 anni, muore così. Senza nemmeno rendersene conto, senza nemmeno proferire una parole, esanime sul sedile posteriore tra due amici, in una pozza di sangue. Gabriele muore in un attimo.


DEPISTAGGIO MEDIATICO

“Violenza ultrà: un tifoso laziale è stato ucciso da un tifoso juventino che gli ha sparato in autogrill”. Il primo tam-tam sintetizza così la notizia, distorcendola nel passaparola popolare. Colpa un’informazione assuefatta, stereotipata, facilona e avventata che non riesce nemmeno a verificare fonte e attendibilità dell’accaduto. Il caos mediatico è senza precedenti: per agenzie di stampa, televisioni, radio e giornali, Gabbo è vittima del male del calcio e va annoverato nella lista nera tracciata dai martiri dell’Heysel, da Spagnolo, Fonghessi, Filippini, Ercolano e Paparelli. Una realtà infernale sostituisce la realtà reale. La crisi viene gestita da una comunicazione pressappochista e provinciale, intollerabile per uno Stato moderno: a nove ore dall’omicidio, quando la dinamica dei fatti era chiara e priva di coni d’ombra (lo testimonieranno le intercettazione audio dei soccorritori!), l’ex Questore d’Arezzo Giacobbe tiene una conferenza stampa a dir poco imbarazzante.

Davanti a decine di telecamere e giornalisti impossibilitati alle domande, in Questura si sostiene la tesi dei colpi esplosi in aria da un agente che ha sempre operato bene. L’ex Ministro Amato fa il paio dichiarando che “se Sandri fosse andato a prendersi un caffè al bar con gli amici, non sarebbe successo nulla”. Poi però, molti mesi dopo, Giacobbe metabolizzerà queste parole come una macchia nella sua carriera, mentre Amato scriverà di suo pugno una lettera di scuse alla famiglia Sandri. Ma nei meandri dei conflitti sociali e tra i nervi scoperti della società civile, il dado di ribellione ormai è tratto. Gli assalti alle caserme di Roma terminati solo a notte fonda, uniti agli incidenti negli stadi di Bergamo e Taranto, fanno di questa Bloody Sunday una giornata tra le più buie della recente storia italiana.

 NEL NOME DI GABRIELE

 

Per far emergere la verità è necessario un’enorme sforzo da parte della famiglia Sandri, con papà Giorgio e Cristiano che a pochi giorni dal delitto convocano una conferenza stampa di contro-informazione. La Capitale celebra il funerale di Gabbo con il lutto cittadino ordinato dall’ex Sindaco Veltroni, mentre migliaia di persone, in larga rappresentanza ragazzi provenienti dalle curve di ogni parte d’Italia, accompagnano il feretro della vittima in un lungo e commosso abbraccio ideale: “Gabriele uno di noi!” Da quel momento qualcosa cambia. Da quel giorno gli stadi non saranno più gli stessi. Basta inimicizie, basta barriere. Basti steccati, rancori e odi del passato. “Siamo tutti Gabriele Sandri”. Nel derby romano del Marzo 2008 Giorgio Sandri entra nella romanista Curva Sud, sciarpa biancoceleste al collo. Quel Lazio-Roma finisce senza incidenti, senza striscioni anti, senza che nessuno insulti l’altro. Un fatto inusuale dalla fine degli anni ‘60. Il giorno prima del ventisettesimo compleanno mai festeggiato da Gabbo, il 22 Settembre 2008 esce il mio libro verità, presentato in Campidoglio a Roma davanti a decine di telecamere e cronisti incuriositi, alla ricerca di scoop sensazionalisti: “11 Novembre 2007, l’uccisione di Gabriele Sandri una giornata buia della Repubblica”.

Ma non ci sono estetismi pruriginosi da raccontare. Questo titolo contribuisce ad abbattere un muro di silenzio. Senza peli sulla lingua, questo libro dichiara come realmente sono andati i fatti in quella maledetta domenica di morte. Questo libro crea un’importante crepa nel muro di gomma, che piano piano comincia a vacillare, crollando sotto i colpi della verità. Se la comunicazione di massa spegne i riflettori calando il silenzio sulla vicenda, questo libro squarcia un velo di luce, fornendo elementi oggettivi e incontrovertibili, riposizionando informazione e uso pubblico della storia, perché Gabriele non può passare per vittima sacrificale di un sistema ingiusto. Glielo si deve perché è giusto, glielo si deve perché bisogna credere nella giustizia terrena, anche a costo di invocarla, forsennatamente. Milano, Bari, Biella, Bergamo, Lecce, Reggio Calabria, Frosinone, Padova, Perugia, Catania, Cagliari. Oltre 50 tappe per un tour della verità che non è mai stato la sola presentazione di un saggio di letteratura o narrativa, ma la possibilità concreta per Cristiano e Giorgio Sandri di dialogare con il Popolo di Gabriele, entrando in contatto con quella massa critica che con spirito di abnegazione sposa la causa del cittadino onesto. La sera del 24 Giugno 2009, in Piazza di Ponte Milvio a Roma, migliaia di persone provenienti da ogni dove si danno appuntamento sotto l’immagine di Gabriele, appesa sulla torretta dello storico ponte reso famoso al cinema per i lucchetti degli innamorati: c’è anche Amnesty International a riaffermare i diritti inviolabili dell’uomo. Lo slogan diventa “Gabriele vittima del sistema!” Tra le fiaccole che illuminano a giorno la notte romana, si capisce che la battaglia di giustizia per Gabbo è una lotta dura ma d’amore sincero, per gente leale e coraggiosa. Ragazzi, anziani, uomini e donne, madri e padri che capiscono che, in fondo, a bordo di quella macchina sull’A1 avrebbe potuto starci chiunque, loro o i loro figli, loro o i loro nipoti. Gente che non accetta passivamente che nel terzo millennio si possa morire in questo modo orribile.

Tutti si uniscono nel ricordo per non dimenticare, perché la vita spezzata del giovane Dj romano resti monito per il futuro. Una dopo l’altra, ogni tappa diventa un’emozione indimenticabile, ogni appuntamento un brivido di passione, energia positiva allo stato puro: forse le 15.000 persone incontrate a Bergamo nell’estate 2010 nella Festa della Dea sono l’espressione più maestosa religiosamente in silenzio della coscienza popolare riunitasi nel nome di Gabbo. “Non so se quella domenica del 2007 avete fatto bene o male a fare quello che avete fatto – dice visibilmente commosso dal palco Giorgio Sandri, memore della sospensione di Atalanta-Milan per motivi di ordine pubblico – Ma so che l’avete fatto con il cuore. E le cose fatte col cuore vanno al di là del bene e del male. E oggi io sono qui col vostro stesso cuore”.

 

 

COMITATO MAI PIU’ 11 NOVEMBRE

 

Sciarpe, messaggi, fiori, adesivi, scritte, bandiere. Di ogni colore, di tutte le curve. Il patrimonio umano di un composto e silenzioso pellegrinaggio di tifosi e cittadini che ininterrottamente si ritrovano a Badia Al Pino, dal 2007 ad oggi, in una lunga catena umana di solidarietà senza precedenti. “Io in quell’autogrill mi ci fermo per riflettere e piangere”, dice qualcuno. Tutto quel cuore è stato però incredibilmente tolto, senza una motivo plausibile. Non ci sono più sciarpe, messaggi, non c’è più nemmeno un fiore. Niente di niente. Forse li ha levati chi preferisce mettersi dietro le spalle questa storia assurda. Forse li nasconde chi finge che non sia mai successo nulla. Da una volontà a-politica, a-calcistica e trasversale, nasce il Comitato Mai Più 11 Novembre con l’obiettivo di lanciare l’iniziativa “Una firma per Gabriele”, per mettere una targa sul luogo del delitto. “Qualcuno fa finta di niente, credendo che la cronaca non debba scalfirlo, soprattutto se un efferato delitto l’ha compiuto un individuo preposto ad evitarlo - dice il comunicato del comitato promotore - L’indifferenza lambisce l’apatia, mettendo a repentaglio il futuro della collettività, col rischio che per complicità possano riaffiorare gli errori del passato. E che la tragedia che ieri ha strappato agli affetti un ragazzo, domani possa rigenerarsi a danno di un altro uomo. Non si può far finta di niente. Non si può dimenticare. E c’è solo un modo per farlo: ricordare, preservando la memoria con dignità e solidarietà, senza alimentare inutili strumentalizzazioni, scevri da condizionamenti, animati da senso civico e sete di verità e giustizia. Perché al posto di Gabriele poteva esserci chiunque, nessuno escluso: noi, nostra madre, nostro padre, nostro fratello, nostra sorella, un amico, un conoscente o anche un’altra persona a noi sconosciuta. La petizione popolare ‘Una firma per Gabriele’ è una condivisione partecipata e libera. Ecco perché l’idea di una targa con poche parole, contenute in poche righe, semplici ma significative, dove ognuno può ritrovare quegli oggetti materialmente rimossi, ma eternamente presenti proprio perché spontanei e sinceri: ‘Nel ricordo di Gabriele Sandri, cittadino italiano’. Un gesto simbolico, un atto d’amore. Altruismo allo stato puro.” Tanti ragazzi di curva aderiscono al comitato. Banchetti di raccolta firme sono allestiti negli stadi in cui giocano Parma, Padova, Brescia, Inter, Lazio e Roma. E poi in tantissime altre città, da Verona a Genova, da Cremona e Cava dè Tirreni, da Palombara Sabina a Spezzano Albanese, tra le vie di paesini e i centri di comuni del nord e sud Italia. Tutti uniti, tutti nel nome di Gabriele. Oltre 25.000 sottoscrizioni raccolte con onore, molte prese anche con internet.

 

Il nodo burocratico sembra al capolinea. La posa della targa è prevista per questa settimana, poco dopo il terzo anniversario dell’11 Novembre, a ridosso della ripresa del procedimento penale a carico dell’omicida. Intanto striscioni-targa sono già stati esposti a Parma e Firenze, sempre la stessa frase: NEL RICORDO DI GABRIELE SANDRI, CITTADINO ITALIANO.

 

 

 

FIREZE 1° DICEMBRE, GIUSTIZIA PER GABBO

 

Il processo di primo grado si è concluso il 14 Luglio 2009. Condanna per omicidio colposo con colpa cosciente per l’agente Luigi Spaccarotella che, nonostante i 6 anni inflitti dal Tribunale di Arezzo a fronte dei 14 richiesti dal Pubblico Ministero, finora non ha scontato nemmeno un giorno di carcere, restando in pieno servizio sino alla sentenza, senza il coraggio di guardare negli occhi mamma Daniela, straziata da dolore, per chiedergli umilmente perdono per quel vile gesto omicida. L’affievolimento della pena e la derubricazione dell’originario capo d’imputazione di omicidio volontario, fanno di Gabriele Sandri un vero e proprio martire dell’età contemporanea, contornando la sua vicenda di un alone misterioso, tipicamente all’italiana. Il prossimo 1° Dicembre si celebrerà a Firenze il processo d’appello, l’ultimo che potrà entrare nel merito prima dell’esito di legittimità della cassazione: “Avremo fiducia nella giustizia solo quando vedremo che verrà fatta giustizia”, afferma la famiglia Sandri. “Nessuno sconto per Spaccarotella”, rispondono i ragazzi di curva. Vedremo se questa volta la magistratura affermerà l’elementare principio di garanzia del diritto e certezza della pena. Vedremo se questa volta potranno bastare le testimonianze schiaccianti dei cinque testi super partes. Vedremo se a Firenze saranno sufficienti le perizie balistico-chimiche e le relazioni tecniche dei periti che non lasciano margine all’equivoco. Spaccarotella ha ucciso Gabriele con un colpo di pistola sparato a sangue freddo, contravvenendo a qualsiasi regola d’ingaggio, infrangendo il codice penale, disonorando la divisa. Vedremo se almeno stavolta in Italia si potrà affermare il principio che “la legge è uguale per tutti”. Vedremo se ancora una volta ci sarà una giustizia per Cittadini di Serie A e una giustizia per Cittadini di Serie B. Se qualcuno ancora non l’avesse capito, da Firenze non passa un campionato di calcio con retrocessione o scudetto, ma un cardine imprescindibile per la vita libera di ognuno di noi. Staremo a vedere.

 

Firenze chiama, Italia risponde: giustizia per Gabriele!

 

Maurizio Martucci

Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 24 Novembre 2010 16:20 )