Lo Stato ha voltato le spalle alla famiglia Sandri Stampa
Mercoledì 12 Novembre 2008 17:41

 

 

 

 

Il tempo è una convenzione. Un anno, dodici mesi, settimane, giorni. Uno dopo l’altro fino ad arrivare ad oggi. Questo è un giorno per non dimenticare un ragazzo che non c’è più, ucciso da un proiettile esploso da una pistola d’ordinanza. Questo è il giorno in cui il resto del mondo deve ricordare, deve pensare a quel che è successo. Perché i suoi cari lo hanno presente ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ma a chi vive altre vite resta di celebrarlo negli anniversari. E questo è il primo.
Un anno fa, Gabriele Sandri veniva assassinato da un colpo sparato da un agente di polizia , Luigi Spaccarotella. Un ragazzo, un poliziotto. Una catenina spezzata, una pistola. E non c’è posto per il termine giustizia.
Quel che resta di quelle ore, a chi le ha vissute attraverso i media, è un susseguirsi di notizie e smentite, di silenzi, di dichiarazioni arroganti. E poi la rabbia nelle strade di Roma.
Quel che è accaduto dopo è un film già visto. In questo Paese, sempre più simile ad una di quelle democrazie latinoamericane in cui il potere e la ragione stanno sulle canne delle pistole, il solo fatto di vestire una divisa rappresenta una garanzia. Sparare contro un’auto in movimento che si trova al di là della carreggiata di un’autostrada, senza essere stati bersaglio di alcun malvivente armato, senza essere nemmeno lontanamente sotto minaccia di un pericolo incombente, in un Paese normale sarebbe considerato un gesto insano. Non nel nostro. Qui è immediata la levata di scudi della politica a favore dei tutori dell’ordine e, soprattutto, scende inesorabile una fitta nebbia ad avvolgere la realtà dei fatti. Si mette in moto la macchina delle mistificazioni, si crea un muro di protezione attorno al colpevole. La casta si auto protegge tutelando ad ogni costo un suo membro.
Così tutto sembra restare immobile: la legge come il dolore.
In un anno nulla si è mosso se non l’assassino, lasciato a piede libero a continuare il suo lavoro di tutore dell’ordine, fisicamente spostato da un incarico all’altro per “motivi di sicurezza”. L’unico ad aver ricevuto dei riguardi in questa storia. L’unico ad essere protetto, tutelato, aiutato dalle istituzioni.
Dall’altra parte una famiglia la cui compostezza toglie il fiato. Con una voglia di verità forte, determinata, mai polemica o violenta, nemmeno verbalmente.
Ma anche la famiglia Sandri è protetta, non certo dallo Stato – che le ha voltato le spalle nel modo peggiore, portandole via una parte di sé.
A difenderla sono tutti coloro che le sono vicini, che non hanno dimenticato, che vogliono giustizia per Gabriele.
Alessia Lai
 

Ultimo aggiornamento ( Lunedì 17 Novembre 2008 14:00 )